Voglio raccontarvi un episodio che mi è rimasto impresso dalla mia gioventù.
Ai tempi si usava mandare i giovani ragazzini in colonia estiva ed io come molti altri trascorrevo un mese così al mare. Era permessa una sola visita durante tutto il periodo da parte dei genitori e chiaramente non esistevano cellulari per cui si comunicava solo occasionalmente. Quel giorno erano arrivati i miei e ci era stato consentito di uscire a cena : ero non solo felice per la loro presenza , ma anche affamato visto che il “rancio “ in colonia non era dei più appetitosi.
Si trattava di un occasione speciale anche per tutta la famiglia, a quei tempi, non si usciva a mangiare tanto di frequente.
Trovato il ristorante grazie a un consiglio recuperato dal benzinaio, (no tripadvisor ) e dopo esserci persi un paio di volte nei carrugi della cittadina ligure ( no google maps ) arrivammo alla trattoria. Mi ricordo il locale: tipica trattoria semplice pulita a gestione famigliare piena di clienti più o meno abituèè, si respirava un clima famigliare e cordiale e i piatti forti erano le tipiche troffie al pesto, la focaccia e il pesce cucinato in tutti i modi tipici.
Eravamo seduti nell’ultimo tavolo libero e di fronte a noi c’era un gruppo di colleghi di lavoro tutti uomini non so cosa festeggiassero di particolare. Mi ricordo benissimo uno di questi personaggi: si trattava di una persona con un faccione enorme completamente sfigurato, un occhio più alto e uno più basso la bocca storta e delle specie di bubboni sulla pelle insomma una delle persone francamente più brutte che avessi mai visto. Cercavo di non guardarlo ma nonostante mi facesse impressione non riuscivo a togliere lo sguardo da lui. Mentre divoravo il mio cibo rispondendo distrattamente ai miei genitori e alle loro infinite domande su come andassero le cose in colonia osservavo questo faccione che consapevolmente con anticipazione e desiderio portava alla bocca il suo cucchiaio di zuppa di pesce e lentamente lo assaporava in tutte le sue sfumature quasi fosse l’ultimo boccone prima del plotone di esecuzione e quindi sempre con molta attenzione e gusto assaporava il prossimo. Io avevo sbranato le mie troffie e forse nello stesso tempo lui aveva gustato due o tre cucchiai di zuppa. Ma non solo, a un certo punto aveva preso una sigaretta sempre con fare attento preciso e come se pregustasse ogni gesto ogni movimento se l’ era accesa ( si! si poteva fumare anche nei locali pubblici) assaporandola in tutto il suo aroma una boccata lenta dopo l’altra, con un sorriso che traspariva sulla sua faccia sfigurata e con un evidente piacere, come se volesse estrarre da ogni boccata tutte le sensazioni possibilmente immaginabili.
A distanza di tanto tempo quel volto sfigurato mi è rimasto in mente non tanto per le terribili fattezze quanto per la capacità di gustare il presente, l’attimo, il momento come se fosse un monito a essere presenti, nonostante tutto, al qui e ora apprezzandolo sempre per quello che è: un momento unico e irripetibile.